A OTTANT’ANNI DALL’8 SETTEMBRE: UNA RIFLESSIONE DEL GENERALE RENATO SGURA
Siamo orgogliosi di pubblicare un interessante contributo, scritto dal nostro concittadino generale Renato Sgura, utile alla riflessione storica sui fatti dell’8 settembre 1943, quando il Re Vittorio Emanuele III e la sua famiglia, con il nuovo Capo del Governo, Badoglio, lasciarono Roma dopo l’annuncio dell’armistizio dell’Italia con gli angloamericani, e Brindisi divenne sede del Governo. In quel periodo la Regina Elena visitò tre volte Ostuni. Il generale Sgura, 93 anni, uomo di prestigio che per anni ha servito le più prestigiose istituzioni del nostro Paese, sottolinea come il gesto del Re abbia mantenuto la continuità istituzionale dello Stato Italiano, evitandone la completa sottomissione al nazismo. Ma ricostruiamo quel periodo: nel luglio del 1943 le forze angloamericane sbarcano in Sicilia, Roma subisce un duro bombardamento e “Lo Scudo” che aveva allora una rubrica “Cronaca fascista” intitola il fondo di prima pagina “Fede nella vittoria”, sottolineando che “l’acciaio si tempra col fuoco”. Retorica a parte, anche il “nostro” giornale parla di “losche bramosie di denaro” e di “vili approfittatori che saranno pronti domani a sfoderare qualsiasi bandiera pur di avere garantita una buona rendita”. Poi, il 25 luglio, la svolta storica: dopo quattro anni dall’ultima riunione, Mussolini convoca il Gran Consiglio del Fascismo: tra i 28 gerarchi, 19 votano a favore dell’ordine del giorno di Dino Grandi, che mette Mussolini in minoranza affidando al Re il comando delle Forze Armate e fornendo l’opportunità al sovrano di destituirlo dopo ventuno anni. Il fascismo cade da un momento all’altro, e la sciagurata politica del successore Badoglio (“La guerra continua”) consente alle truppe tedesche di occupare il Centro Nord dell’Italia; l’8 settembre il Re e Badoglio annunciano l’armistizio e fuggono da Roma: inizia un ancora più terribile ultimo biennio di guerra, con l’Italia smembrata, lo stato fantoccio della Repubblica Sociale Italiana e i massacri nazifascisti. Ostuni è lontana dagli scenari più tragici: il Re e Badoglio sono a Brindisi, il governo Badoglio (scrive “Lo Scudo”) è “vigile e riparatore”, l’ex onorevole Eugenio Maresca, filofascista, è Commissario straordinario del Comune, mentre il 3 ottobre, il grande Mons. Giovanni Livrani, futuro direttore del giornale, scrive il memorabile articolo “Giù la maschera” definendo la Germania nazista “eterno nemico dell’umanità” e Mussolini “uomo sciagurato e criminale, egoista brutale”.
Ferdinando Sallustio
Il generale Renato Sgura (a destra)
8 settembre 1943
Credo fermamente che ci siano due momenti della nostra storia non completamente metabolizzati nella coscienza collettiva, anche se col passare del tempo il loro ricordo sta sbiadendo: il 24 ottobre 1917, la disfatta di Caporetto, e l’8 settembre 1943, l’Armistizio Badoglio.
Ha ancora senso parlare dell’8 settembre perché questo evento storico ha profondamente inciso sull’identità italiana: se geograficamente l’accordo fra tedeschi e fascisti taglia l’Italia in due sulla linea del fronte a Cassino – gli Alleati non dovevano arrivare al Brennero, a ogni costo -, ancora oggi di questo evento drammatico resta una narrazione che contrappone l’esercito della Repubblica Sociale di Salò, ormai in mano ai tedeschi, e l’esercito regio dei Badogliani con vecchi armamenti, se non quello che gli Alleati concedevano.
Mancherà sempre una storia condivisa.
Tre i protagonisti degli accadimenti: il Re, Hitler, Badoglio.
Vittorio Emanuele è il “Re Fuggiasco” sulla corvetta “Baionetta”, a cui non viene perdonato l’arresto di Mussolini. Ma senza il Governo di Brindisi avremmo avuto un solo Governo, quello Mussoliniano, nessuna co-belligeranza e il territorio italiano oggetto di guerra feroce. Avremmo avuto Roma, la città del Papa che Vittorio Emanuele voleva proteggere, teatro di combattimenti casa per casa.
Nel frattempo, a Rastenburg, Hitler è infuriato e vuole ritirare alcune divisioni dal fronte russo per inviarle in Italia. Obiettivi: la cattura di Vittorio Emanuele e del principe Umberto, ma anche occupare Roma ed eliminare il Pontefice, con disinteresse nei confronti dei cattolici tedeschi.
Badoglio, dal canto suo, è un personaggio molto controverso: era un militare del suo tempo. Il miglior Generale italiano della prima Guerra Mondiale e vincitore a Vittorio Veneto, Caviglia, lo definiva in ligure “il mio amico Caporetto”.
Ma quante anime aveva l’Italia in quel momento? Le finalità militari si intrecciano a quelle politiche che vanno dalla instaurazione del modello sovietico alla democrazia parlamentare, al mantenimento dell’istituto monarchico.
Da un lato, c’era il morente fascismo di Salò che combatteva una battaglia perduta con disperato livore contro chi aveva fatto cadere Mussolini; dall’altra i Badogliani fedeli alla monarchia. Ed ancora, i partiti della sinistra, comunisti e socialisti, i liberali come i repubblicani, i democristiani e gli azionisti, ognuno con il proprio obiettivo politico, una propria visione dello Stato e della società da attuare a guerra finita. Tre anni dopo vinceranno coloro che vedranno concretizzarsi il sogno della Repubblica.
Errori militari, attenzione agli interessi degli alleati, vendicativa replica tedesca e mancanza di una guida forte in una situazione drammatica hanno come epilogo una tragedia per i soldati e un conflitto infausto per tutto il popolo italiano, le cui conseguenze porteranno a una tragica guerra civile, a un calvario tutto da percorrere.
Renato Sgura
Vittorio Emanuele III a Brindisi passa in rassegna le truppe del Regio Esercito