Resoconto del corso di speleologia I livello

SPELEOLOGIA
30 Giugno 2022 loscudo_admin

La speleologia come occasione per ritrovare se stessi

Resoconto del Corso di Speleologia I Livello – Anno 2021

di Donato BUONGIORNO

“Il piacere di essere pienamente vivi è ancorato allo stato vibratorio del corpo … L’attività vibratoria … è una manifestazione della motilità innata dell’organismo, che è anche responsabile delle azioni spontanee, degli abbandoni emotivi e del funzionamento interno.

Questa intrinseca motilità non è sotto il controllo dell’Io o della volontà, essa è involontaria. Un corpo vivo pulsa e vibra1”.

Secondo Alexander Lowen, nell’organismo si crea una vibrazione quando le emozioni e la vitalità sono libere di scorrere.

Salire su per una parete, “progredire su corda”, mi ha aiutato a ritrovare queste sensazioni che non provavo da tanto tempo.

La “palestra”, come la chiamano gli speleologi, è l’esperienza che fanno gli allievi del corso base in speleologia, su una parete all’esterno, quando devono imparare le tecniche di progressione su corda.

Dopo aver seguito alcune lezioni teoriche del corso organizzato dall’associazione GEOS di Ostuni, ci siamo incontrati di domenica nei pressi del santuario di Sant’Oronzo, sui colli ostunesi. Gli istruttori hanno attrezzato (“armato”) una rupe e ci hanno preparati all’esercitazione.

Devo dire che, quando ho realizzato cosa avremmo dovuto fare, ho avuto paura. Mi piacciono le altezze ma mi sono scontrato con la mia paura di cadere, tradotto: di sfracellarmi al suolo. La parete non è molto alta, quasi una decina di metri, ma l’ho osservata sottecchi in continuazione perché intimorito. Poi l’istruttore mi ha chiesto: “Sei pronto?”. Certo… pronto come un’auto da corsa con una ruota bucata prima della gara.

Trascinandomi su per la corda ho sentito il mio corpo teso, la paura di cadere nonostante le tante misure di sicurezza che rendono la caduta quasi impossibile, le contrazioni muscolari e il respiro trattenuto. Ma anche la bellezza di una nuova esperienza e la meraviglia di potermi fermare ogni tanto, sospeso nel vuoto, ad ammirare la splendida piana degli ulivi durante una calda giornata di fine settembre.

In cima l’aria è tersa, la vista è meravigliosa, il mio corpo trema mentre si libera dalle tensioni provate in salita e il pensiero di dover scendere… mi terrorizza.

Inutile dirlo: ho avuto un attacco di panico da manuale!

Non smetterò mai di ringraziare l’istruttore per la pazienza e la fermezza con la quale ha affrontato la mia reazione.

Affrontare le proprie paure non è una cosa semplice ma è il modo più funzionale per superarle. Quelle esperienze, però, sono state l’antipasto: la tensione che ho provato la prima volta che mi sono calato in un buco relativamente buio è stata molto forte e, contemporaneamente, eccitante. Seduto con le gambe penzoloni ho dovuto fare un saltello nel vuoto. Decisamente elettrizzante.

 

“Oltre la roccia

abbattuta, esisteva un

abisso

Jules Verne, “Viaggio al centro della Terra”

 

Parlando con diverse persone ho sentito dire: “Io non lo farei mai!”. Perchè? La paura: del buio, delle altezze, del vuoto, dello sporco, la claustrofobia, eccetera. Anche la paura di perderti e di restare da solo sotto terra non è male.

Mi è successo quando sono rimasto indietro (per un po’) rispetto al gruppo. Sottoterra sembra tutto uguale ed è facile smarrirsi, se non si conosce la strada.

Nella grotta di Castel di Lepre (Marsico Nuovo, PZ), l’ultima che abbiamo visitato e quella più bella perché ricca di concrezioni2, piena di pipistrelli, con un ruscello e cascate sotterranei, abbiamo spento le torce e siamo rimasti al buio e in silenzio. Una sensazione bellissima!

Il buio è come una sostanza densa, quasi tangibile, puoi sentirti quasi soffocare…

La vitalità del corpo, nelle grotte, in qualche modo si amplifica perché si acuiscono i sensi. Devi riconoscere nuove sensazioni: rumori, odori, la vista di animali “cavernicoli” difficili da individuare. I pipistrelli che svolazzano intorno. Ho imparato subito a riconoscere l’odore del guano che segnala la presenza dei chirotteri. È un mondo a parte.

In tanti parlano dell’esperienza di speleologia come il ritorno al ventre materno, la rinascita, un’esperienza edipica, un’esperienza di morte e resurrezione, viaggio nell’inconscio o nella propria follia, il mito della caverna di Platone, eccetera.

Ognuno può vedere le cose come vuole. Per me è stata un’esperienza estetica, di meraviglia e di bellezza: il mio corpo che lancia segnali nuovi e sensazioni antiche ma sopite; la vista delle stalattiti e stalagmiti; le gocce d’acqua sulle punte delle concrezioni mi comunicano che esiste un tempo dilatato che va oltre il mio nel quale la roccia prende vita, si plasma, si trasforma; i pipistrelli a testa in giù, come in televisione; i germogli di piante cresciuti a dismisura nel buio alla ricerca della luce; strisciare a terra nei cunicoli (“laminatoi”); scivolare su rocce coperte di fango; la bellezza di un mondo che non sapevo che esistesse; la meraviglia della scoperta: di nuove parti di me e di nuove parti del Mondo. È un’esperienza che mi ha fatto tornare bambino e, contemporaneamente, mi ha aiutato a crescere.

Concludo con una poesia:

Lì, lì non c’è una caverna.

Se ne è andata.

Ma dove vado?

Non riesco a trovarmi.

Dove sono?

Sono perso.

Sì, voglio la caverna,

Lì so dove mi trovo.

Posso andare a tentoni nel buio,

e sentire le pareti della grotta.

E la gente là fuori, sa che io sono lì,

e mi passano sopra, per sbaglio,

penso, spero.

Ma fuori…

Dove mi trovo?3

 

Ringrazio l’associazione GEOS, la Scuola di Speleologia “Città di Ostuni”, la Società Speleologica. Il servizio fotografico è a cura di Gianmichele Pavone.

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