BUON COMPLEANNO A MONS. DOMENICO CALIANDRO

BUON COMPLEANNO A MONS. DOMENICO CALIANDRO
5 Settembre 2023 Nicola Moro

Oggi, in occasione del compleanno dell’Arcivescovo emerito di Brindisi-Ostuni, Mons. Domenico Caliandro, pubblichiamo un’intervista recentissima (21.06.2023), che abbiamo realizzato in occasione del trentesimo anniversario dell’ordinazione episcopale. Nato a Ceglie Messapica, il 5 settembre 1947, è stato eletto vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca il 23 aprile 1993. Nel 2000 viene trasferito a Nardò – Gallipoli, mentre il 20 ottobre 2012 viene nominato nostro Arcivescovo. Il 9 dicembre con l’elezione di Mons. Giovanni Intini ad Arcivescovo di Brindisi-Ostuni, diviene Amministratore Apostolico e il 10 febbraio 2023 emerito per raggiunti limiti di età.

 

Come un ulivo verdeggiante che si abbandona alla fedeltà di Dio

 

Il prossimo 28 giugno, mentre il nostro mensile sarà in stampa, S.E. Mons. Domenico Caliandro, Arcivescovo emerito di Brindisi-Ostuni, celebrerà il XXX anniversario dell’Ordinazione Episcopale.

A nome della redazione de Lo Scudo, il 21 giugno scorso, ho incontrato il vescovo Domenico per un’intervista nella sua casa a San Michele Salentino. Nel prepararmi avevo pensato ad alcune domande circa il ruolo del vescovo nella Chiesa e di come Mons. Caliandro avesse incarnato il ministero episcopale in questi trent’anni. Ma, man mano che mi avvicinavo alla sua casa, emergeva sempre di più dentro di me una domanda: come ha fatto a guidare a meno di quarantasei anni la sua prima diocesi?

Ricordo ai lettori che, Mons. Caliandro, nato a Ceglie Messapica il 5 settembre 1947, fu nominato Vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca il 23 aprile del 1993. Tre giorni prima morì a Molfetta don Tonino Bello e al termine della S. Messa ad Alessano, dove ritornarono le spoglie del venerabile, il 23 aprile il clero di Ugento – Santa Maria di Leuca ricevette la notizia del suo nuovo vescovo nella persona di Mons. Domenico Caliandro.

 

Quindi, modificando la scaletta, è nata una splendida conversazione sia dal punto di vista culturale che spirituale. Dopo esserci seduti ho iniziato così: Eccellenza, torniamo indietro di trent’anni. È stato eletto vescovo giovanissimo?

Sì, tra l’altro, vescovo con diocesi. Perché il Cardinale De Giorgi era stato nominato vescovo giovanissimo, ma ausiliare di Oria. Nella prima diocesi ho incontrato tante difficoltà e anche tante gioie, ho donato tutto me stesso per ascoltare tutti e portarli a Cristo. Fin dalla prima diocesi decisi di dedicare l’intera mattinata dei primi tre giorni della settimana alle udienze, senza appuntamento. Così ho potuto conoscere bene le realtà in cui ho vissuto il ministero episcopale e ho riflettuto su ciascuna vita concreta che ho incontrato. Questi incontri e la preghiera mi hanno aiutato nel discernimento per prendere le decisioni necessarie di volta in volta.

 

Può raccontarci come ha appreso la notizia della nomina e la scelta del motto episcopale?

La lettera contenente la nomina giunse al Vescovo di Oria, Mons. Armando Franco, il Lunedì Santo (5 aprile 1993), e me la comunicò il Sabato Santo.

Preso dall’emozione, fui sostenuto tantissimo dal Vescovo Armando. Mantenni il segreto sino alla data della pubblicazione, il 23 aprile successivo. Mentre mi accingevo a rispondere per iscritto al Santo Padre, mi tornarono in mente le parole del Salmo 51 che nei giorni precedenti mi avevano colpito particolarmente.

Infatti, una mattina ero sotto un albero di ulivo della mia campagna e stavo pregando il salterio. Arrivato ai versetti: «Io invece come olivo verdeggiante nella casa di Dio. Mi abbandono alla fedeltà di Dio ora e per sempre» sentii nel mio intimo che questa Parola era proprio per me e ascoltai una voce interiore che mi chiamava e mi donava una pace enorme. Pertanto, quando arrivò il momento di scegliere il motto episcopale, ripresi e sintetizzai così i versetti: «Sicut oliva in fidelitate Domini».

 

La sua elezione a Vescovo coincide con la nascita al cielo di don Tonino Bello, nativo della diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca. Sicuramente negli anni in cui Lei ha insegnato a Molfetta avrà avuto modo di conoscerlo. Può raccontarci qualcosa del vescovo ormai venerabile?

Insegnando a Molfetta ho avuto modo di incontrarlo diverse volte. Mi furono affidati gli alunni del sesto anno e una volta al mese andavamo in episcopio da don Tonino e ogni volta io e i seminaristi tornavamo colmi di gioia e di zelo per il Signore.

Viveva in semplicità e povertà e la sua casa era aperta ed accogliente. Mentre camminavamo con lui in episcopio ci narrava le varie storie della gente che viveva con lui e gli incontri che segnavano il suo vivere quotidiano.

Ascoltando don Tonino ricevevamo una catechesi vivente, fatta di fatti concreti e non di discorsi astratti. Il suo essere con Cristo si manifestava nel suo vissuto, nel suo essere prossimo alla gente in tutte le situazioni, anche le più compromesse. Noi suoi ospiti lo abbiamo visto con i nostri occhi. Ci diceva: “quando incontri un altro, la sua vita non ti lascia più come prima. La tua vita cambia. Come quando si esercita una pressione su una palla e resta l’impronta”.

L’impronta dei poveri, il volto di Cristo era ben visibile in don Tonino.

 

Come ha vissuto questi trent’anni di episcopato?

Essere Vescovo, significa, riprendendo il suo significato dal greco, “colui che guarda dall’alto”.

Questo è molto importante: guardare dall’alto, per non perdere nessuno. Sì, nessuno deve sfuggire dall’orizzonte della vista del Vescovo. Per fare questo, bisogna farsi: tutto a tutti, ogni giorno.

Ho esercitato il ministero episcopale ascoltando, stimolando e servendo le coscienze.

Quanti preti, consacrate e laici ho avuto modo di ascoltare. Per loro ho cercato di fungere da stimolo per vivere una vita autentica e per chi viveva nell’errore ho indicato con fermezza la strada della verità.

In questo servizio che raggiunge l’intimo, la coscienza di ciascuno, ho vissuto il lavoro più bello che porta a far sorgere nell’altro la sua originalità. Sì, occorre lasciare spazio all’altro, affinché la sua originalità possa fiorire: tutti hanno diritto a fruttificare. Pertanto, il Vescovo è colui il quale esercita il ministero della sintesi e ha uno sguardo che custodisce l’insieme e porta il gregge all’unità grazie ai sacramenti e all’ascolto della Parola.

In particolar modo ho cercato di curare i sacerdoti e soprattutto i più giovani. A loro davo ogni anno un tema da sviluppare negli incontri mensili. Questo per spronarli nello studio e soprattutto per farli conoscere tra di loro, accrescendo e facilitando la stima reciproca. Inoltre, ho sempre ritenuto di fondamentale importanza la loro formazione, infatti li ho sempre inviati a Roma dopo l’ordinazione per completare gli studi e conseguire la specializzazione nel settore a ciascuno più congeniale.

Infine, ho sempre avuto anche uno sguardo di ammirazione per le consacrate, per quelle donne che hanno lasciato tutto e hanno annullato il loro vivere nel mondo a vantaggio della vita con lo Sposo.

 

Come ha iniziato a vivere questo tempo da vescovo emerito?

Dice la Parola che dopo aver fatto quello per il quale si è stati chiamati, consideratevi servi inutili. Lo traduco servi “senza pretese”. Proprio così sto vivendo “senza pretese”!

Sono a disposizione di quanti mi chiamano nelle diocesi che ho servito in questi anni e aiuto quotidianamente la comunità parrocchiale in San Michele Salentino.

 

Grazie Eccellenza e ad multos annos!

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