Riportiamo l’intervista a Don Dino Scalera trasmessa lunedì 3 ottobre sulla nostra pagina Facebook e trascritta dal nostro collaboratore Gianfranco Moro
Lo Scudo e i media
Prof. Nicola Moro: Buonasera a tutti. Ci colleghiamo a distanza con don Dino Scalera, Direttore dell’Ufficio Comunicazioni dell’Arcidiocesi di Brindisi – Ostuni, e a lui chiediamo di presentare il sito de Lo Scudo.
Don Dino Scalera: Con gioia e soddisfazione presento l’ultimo arrivato tra gli strumenti per una diffusione dell’informazione della vita, della storia della nostra diocesi: Lo Scudo on line tra i siti web. Per la Chiesa, la comunicazione non è una opzione possibile, ma è un compito, una responsabilità. Una Chiesa che non comunica, che non si fa spazio di mediazione tra Dio e l’uomo, trascurerebbe quella che è la sua missione storica. Questo è un elemento che costringe tutti, a partire dai Vescovi fino all’ultimo dei credenti, a ragionare con grandissima serietà sui media e sullo scenario della comunicazione in generale. La nostra Chiesa in verità lo ha sempre fatto, soprattutto a partire dal Vaticano II, non è una scelta possibile, è un dovere indispensabile.
Prof. Nicola Moro: Qual è il ruolo della Chiesa nei social media?
Don Dino Scalera: La Chiesa non solo deve esserci nei social media, ma deve svolgere anche una funzione educativa all’utilizzo di questi strumenti, proprio per i valori, per la dimensione etica, per il tipo di testimonianza che attraverso la Chiesa dovrebbe passare, è evidente che ci si aspetta un rapporto serio nei confronti dei media digitali e sociali, soprattutto dal punto di vista della sua presenza educativa. L’auspicio è che ogni realtà diocesana si doti di un animatore della comunicazione, che curi le relazioni digitali, che informi, formi, e diffonda il Vangelo attraverso i social; che abbia un forte collegamento col territorio, e con l’Ufficio Diocesano di Comunicazioni Sociali, che accompagna, sostiene, promuove queste forme di evangelizzazione con consapevolezza educativa, e con capacità di testimonianza.
Prof. Nicola Moro: Don Dino, a livello comunicativo, quali sfide ci attendono come Chiesa diocesana.
Don Dino Scalera: Occorre, nella nostra Chiesa Diocesana, fare lo sforzo di superare due dimensione tradizionali, finora frequentate dalla nostra comunicazione. La prima chiamiamola 1.0, la funzione informativa, fondamentale, certo assolta sia dai media tradizionali, e penso ad Avvenire, TV 2000, i settimanali diocesani, e sia dai nuovi media, quando sono utilizzati in prospettiva informativa e unidirezionale, e penso ai tanti account e pagine che riportano unicamente gli orari delle celebrazioni e le foto di esse. C’è poi una Pastorale 2.0, che prova ad utilizzare i media, interpretandoli a due vie: penso ai gruppi WhatsApp e ai Social, supporto per esempio della catechesi. Qui la Chiesa dimostra di saper mantenere la relazione con coloro che sono stati già raggiunti dall’annuncio, ma non di raggiungere nuovi fedeli. Una pastorale, invece, 3.0 è capace di coniugare l’apertura universale, cioè la possibilità di raggiungere tutti, con le stesse caratteristiche di una comunicazione orizzontale a due vie, tipica della Pastorale 2.0. La sfida è questa: saper interpretare le specificità dei nuovi media, e giocarle per l’annuncio.
Prof. Nicola Moro: Un’ultima domanda: come mensile Lo Scudo, fondato nel 1921, ad Ostuni, secondo te abbiamo fatto bene ad entrare nel mondo delle comunicazioni digitali?
Don Dino Scalera: Il tema è quindi capire come quei media che vengono da un passato di grande ascolto dentro la comunità cristiana, e qui Lo Scudo ha una storia lunga un secolo, possano riprogettarsi e ripensare la loro presenza dentro la scena attuale, e questa mi sembra la sfida raccolta. In una situazione generale di crisi della carta stampata, dei media mystream, in cui sembrano solo i social lo spazio vincente della comunicazione, la grande sfida con cui i media diocesani devono confrontarsi, è questa: ripensarsi dentro la nuova scena, e capire quel tipo di mezzo e di messaggio cosa abbia ancora da dire, e cosa deve invece modificare per tornare ad essere significativo. È una grande sfida, che però deve essere accettata e tradotta in progettualità comunicative e pastorali. Se non lo si fa, e si rimane assestati su posizioni tradizionali, credo che sia poi davvero difficile sopravvivere.
Auguri allora perché questa sfida raccolta da Lo Scudo sia portata avanti con coraggio, e sia di stimolo e di esempio anche per altre realtà diocesane.