OSTUNI: ARTE E PAESAGGIO

OSTUNI: ARTE E PAESAGGIO
10 Luglio 2023 Nicola Moro

I Beni culturali e paesaggistici tra restauro/recupero, tutela e fruizione

 

Studio di Ilaria PECORARO*

 

In occasione dell’ultimo incontro promosso da Unitre Ostuni per l’A. A 2022-2023, chi scrive è stata invitata, in qualità di Presidente di Messapia, locale sezione di Italia Nostra, a relazionare su un tema caro alla Città e carico di criticità argomentative. Si consegna nel seguito il sunto dei contenuti trattati nella comunicazione svoltasi il 19 maggio 2023 presso l’Auditorium del liceo scientifico Ludovico Pepe di Ostuni. Desidero dedicare questo contributo a mia madre, Maria Antonietta Leggiero, che da piccola mi ha insegnato ad apprezzare la Città Bianca per quei monumenti di arte e di natura che la connotano.

Ostuni è una città affascinante, impreziosita da un patrimonio culturale e paesaggistico d’inestimabile valore.

Ma cosa si deve intendere per “beni culturali e paesaggistici” di un territorio? E quali sono i beni culturali e paesaggistici in Ostuni? La definizione è riportata negli articoli 10 e 136 del TU sui Beni Culturali (L. 42/2004).

 

Il colle del rione Terra di Ostuni circondato dalle mura angioino-aragonesi.

 

Per il BENE CULTURALE (coordinata temporale), l’Art. 10 così recita:

  1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.
  2. Sono inoltre beni culturali: le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi; gli archivi e i singoli documenti dello Stato; le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato.
  3. Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la Verifica d’Interesse Culturale: le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico di privati, gli archivi, librarie, le collezioni, le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà; le cose di interesse numismatico; i manoscritti; le carte geografiche; le fotografie; i siti minerari; le navi; le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico; le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico, anche non ricadenti in area storica (urbanisticamente zona A); le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale.

La definizione di BENE PAESAGGISTICO (carica di una valenza di carattere spaziale) è riportata nell’Art. 136 dello stesso TU. Sono beni paesaggistici le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali; le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza; i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici; le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.

Queste due definizioni maturano in seno alla stesura di due testi storici di legge, promulgati nel 1939 dal Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai. Si tratta di due importantissime leggi che affrontano il tema della tutela del patrimonio culturale della Nazione: la Legge 1089 del 1 giugno 1939, Tutela delle cose di interesse artistico e storico e la Legge 1497 del 1 giugno 1939, Protezione delle bellezze naturali.

Queste due leggi creano le condizioni perché nel 1948 la Costituzione Italiana dedichi uno dei dodici articoli fondamentali al concetto di tutela dei beni culturali e paesaggistici, così recitando:

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

L’Articolo 9 della Costituzione viene ulteriormente rivisitato nel 2022:

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.

Il testo dell’articolo 9 parla di cose che appartengono a tutti: sono la Res Pubblica, la Repubblica. La Cultura rappresenta il bagaglio di conoscenze ed esperienze storico-artistico-estetiche-scientifiche che una collettività tiene vive, alimentando la lampada del Ricordo attraverso la Memoria. Affinchè un popolo possa ‘ricordare’ è necessario che le generazioni tramandino “il testimone materiale avente valore di civiltà”, con l’aiuto della ricerca scientifica e tecnica, dello studio, della lettura, dell’analisi storico-critica.

Ma non basta passare il testimone per tenere viva la Memoria di un popolo. E’ necessario prendersene CURA, continuamente, giorno dopo giorno, in modo consapevole e corretto, cercando di non cancellare le tracce della storia e le tracce della Bellezza prodotta dall’Arte (istanza storica ed estetica di un monumento).

Il Paesaggio è il risultato di trasformazioni storico-antropiche apportate nell’ambiente da processi culturali. Il Patrimonio storico-artistico è per etimologia «compito del padre», «cose appartenenti al padre». Trattasi quindi di “cose” che appartengono ad un’intera Comunità, che abita e che abiterà un Ambiente si spera vivibile, assecondando esigenze di biodiversità ed ecosistemiche, animali e vegetali.

 

Alla luce di queste definizioni, quali sono i beni culturali e paesaggistici di Ostuni?

Sono beni culturali: il rosone della Concattedrale, realizzato in pietra ‘gentile’, con motivi antropomorfi e floreali intrecciati, diramato come un sole che sparge equamente i suoi raggi; le mura angioino-aragonesi; il centro storico chiamato La Terra; i giardini alle sue pendici; le chiese, i conventi; i reperti archeologici ipogei di cui il territorio è ricco.

Sono beni culturali anche i sistemi voltati stellari tipici di Terra d’Otranto in Età Moderna; i palazzi signorili, i portali, le finestre finemente intarsiate; i Santuari, le piazze, le strade, gli slarghi, le gradonate. Edifici storici come i palazzi Lofino (1913) e Carissimo (seconda metà del Settecento), rappresentano casi significativi di architettura storica monumentale, degni di tutela e conservazione, nella loro pelle ma anche nella relativa anima strutturale che le connota.

Ostuni è nel suo insieme una pregiatissima “opera d’arte corale”.

Anche a livello paesaggistico la città annovera molteplici beni degni della massima attenzione. Se il «Paesaggio» designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, e se il suo carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni (art. 1 Convenzione europea del Paesaggio, 2000), potremo definire beni paesaggistici ostunesi: le vedute panoramiche dai colli verso la costa e lungo la costa medesima (il bagno delle monache ad esempio); la villa Comunale dedicata a Sandro Pertini; l’adiacente Parco della Rimembranza; le terrazze della zona degli orti periurbani e i “giardini” medesimi, un tempo occupati da edifici d’età preclassica (civiltà messapica) e medievali; le aree vincolate archeologicamente e paesaggisticamente dell’antica Petrolla, a ridosso del castello di Villanova (Età angioina); le torri colombaie; la scala “a forcipe” della Masseria fortificata Lo Spagnulo; i trulli, le lamie, la piana degli ulivi millenari; le calcare, le aree acquitrinose di Lido Morelli, i cordoni dunali e tanto altro…

 

Il castello di Villanova e la retrostante area vincolata archeologicamente e paesaggisticamente dell’antica Petrolla.

 

Il territorio di Ostuni vanta una storia plurimillenaria; frequentato già in epoca paleolitica, come ha scientificamente dimostrato il professore Donato Coppola, ha stratificato il suo abitato sul colle chiamato localmente “la Terra” ed è qui che si è concentrata la storia civile e religiosa della città.

Se osserviamo alcune immagini degli anni Cinquanta del XX secolo ci rendiamo conto che da allora ad oggi è cambiata di molto la fisionomia del centro storico. Un tempo omogeneamente bianco e bucato da piccole finestrelle quadrangolari ai piani alti, con frequenti soluzioni di copertura a doppia falda, ha subito una metamorfosi formale e altimetrica generata da impropri interventi di libera edilizia o di cattivo recupero, con nefaste conseguenze in termini di trasmissione alle future generazioni dell’identità formale e storico-artistica.

Rosone della cattedrale di Ostuni (2021).

 

Rosone della Cattedrale di Ostuni prima degli interventi di restauro degli anni Settanta

(fonte videoteca Michele Patucca).

 

In tal senso le attività compiute sulla preesistenza negli ultimi cinquanta anni non hanno sempre garantito la Conservazione dell’identità materiale e formale delle preesistenze ed un relativo uso sostenibile, eco compatibile, economicamente utile per la società e culturalmente rivelativo del valore storico-testimoniale del bene culturale stesso.

La Collettività ha il diritto di sapere che non può esistere alcuna Tutela Conservativa senza l’utilizzo del bene culturale stesso. Il suo uso continuativo ne garantisce la trasmissione al futuro.

Ma, affinchè si generi questo virtuoso meccanismo di condivisione e trasmissione al futuro del patrimonio culturale locale, è indispensabile che ciò avvenga in nome e nel rispetto della materia e della forma di cui si compone l’opera d’arte medesima.

Pertanto, se da un lato la promozione a livello nazionale e mondiale dell’icona di “Città bianca” ha garantito agli ostunesi e ai territori limitrofi di avviare processi di crescita economica a vocazione turistica, d’altro canto gli esiti di questo sviluppo hanno ingenerato il proliferare di azioni irreversibili e distruttive applicate sui monumenti di arte e di natura.

Molto frequentemente, infatti, le azioni compiute sulla preesistenza hanno cancellato le tracce della storia, fraintendendo il significato del termine RESTAURO (l’insieme delle azioni di progettazione e di cantiere finalizzate alla CONSERVAZIONE del patrimonio culturale della Nazione) con quello di RIUSO ACRITICO (insieme di azioni volte a ridare una funzione d’uso ad un oggetto). E’ doveroso far constatare che si restaura un’opera d’arte e si riusa un edificio privo di valenze storiche e artistiche, che non svolge più la sua funzione per motivi di decadimento dettato dal tempo.

Se una collettività riconosce il valore testimoniale del bene culturale (carico di valenze storiche ed estetiche e che si fa portavoce della civiltà del popolo che l’ha prodotta), esigerà per quel bene culturale e paesaggistico la messa in campo di azioni di TUTELA, finalizzate alla Conservazione dei valori identitari (storici ed estetici insieme), per garantirne la trasmissione al futuro.

Il patrimonio culturale appartiene a tutti ed è di tutti. Pertanto, nessun privato può arrogarsi il diritto di smembrare, sfregiare, distruggere, alterare quegli oggetti materiali, seppur di proprietà privata quando non anche pubblica, aventi valore di civiltà.

Oggi la scienza del Restauro chiede che gli interventi sulla preesistenza (nei centri storici o nei paesaggi rurali ad esempio) generino contestualmente una fase rivelativa (di conoscenza e studio) e conservativa. E’ bandita ogni forma di musealizzazione fine a se stessa, in nome di scelte di cantiere e di fruizione futura compiute con criterio, sotto una guida scientifica, con competenze storico-critiche da un lato e tecnico-costruttive specialistiche dall’altro.

Solo tenendo accesa la lampada della memoria sul valore testimoniale di un bene culturale è possibile prendersene cura con cautela e garantirne la conservazione del valore estetico-culturale e un recupero integrato, un uso compatibile e rispettoso della materia e della forma artistica.

La fruizione dell’intero patrimonio culturale e paesaggistico deve quindi scaturire da un processo di profonda conoscenza dello stesso – una conoscenza al contempo materiale, strutturale, estetica, sociale, civile, religiosa artistica, culturale in senso lato –  al fine d’individuare come e quanto conservare, come fruire dei gioielli di famiglia che gelosamente i nostri nonni ci hanno consegnato.

Pertanto, si Restaura l’opera d’arte vincolata; si Recupera la funzione d’uso di un bene storico non vincolato ma parte integrante di una corale esperienza spalmata nel tempo e nello spazio (ad esempio si recupera una macchina Cinquecento-Fiat degli anni Cinquanta del XX secolo), al fine di una sua valorizzazione e fruizione compatibile e sostenibile sotto diversi aspetti (economico, ecologico, sociale, religioso, culturale ecc).

La scienza del Restauro ci chiede di prenderci CURA dei beni che ci appartengono, perché questi stessi ci rappresentano come comunità e possono garantire anche nel futuro una delle principali fonti di crescita civile e morale ma anche economica e sociale.

Cosa accade nel territorio di Ostuni da qualche decennio? La maggior parte degli interventi eseguiti sulle preesistenze tenta di non restaurare e di non recuperare la materia di cui si compone l’opera d’arte, ma di usare acriticamente il patrimonio culturale e paesaggistico del territorio, quale fonte di veloce e irrispettoso guadagno economico.

Non si restaurano i monumenti e non si recupera il tessuto corale del centro storico, non si salvaguardano le antiche tecniche costruttive, rimuovendo la pelle storicizzata dai nostri edifici (va di moda la scazzafittatura degli intonaci antichi e la rimozione integrale dei chiamenti a base di terra e calce aerea, rimossi per poi essere sostituiti con improprie malte cementizie).

Sia il centro storico che le zone cinque-ottocentesche sono vittime di modifiche sostanziali di prospetto, alterazioni morfotipologiche degli aggregati urbani e rurali, con abbattimento ingiustificato e irreversibile di elementi architettonici pregiati (mensole, archetti ecc) e accompagnati da sopraelevazioni illecite o da ampliamento dei balconcini. Perfino sulle torri angioine si aprono feritoie, trasformandole in finestre e si realizzano ex novo balconi in cemento armato!

I beni culturali e paesaggistici del nostro territorio sono oggi sotto assedio. La città antica cresce altimetricamente, con modifiche di solai di copertura, aggiunte di solarium, di piscine sui tetti, di ulteriori volumi che caricano di peso proprio le strutture murarie sottostanti. Le monofore normanne (finestre-porte) lungo il tratto murario normanno) vengono sventrate per poter inserire senza alcuna logica e in modo irrispettoso della storia le macchine di trattamento di aria condizionata.

Il panorama che si profila dinanzi ai nostri occhi non è affatto elegante. La collettività dimostra di non avere a a cuore la cura dei propri beni. Gli impianti tecnologici (cavi, videoterminali, cassette di derivazione, luminarie), le insegne pubblicitarie, la cartellonistica viaria obbligatoria per legge sono disseminati acriticamente sui sagrati delle chiese, davanti ai palazzi storici, andando ad inquinare la fruizione storico-visiva e paesaggistica di dettaglio e d’insieme e condividendo un approccio sistemico quasi sacrilego!

Come possiamo salvare quindi il salvabile?

Per difendere il nostro patrimonio culturale è indispensabile avviare una capillare azione di sensibilizzazione culturale e sociale votata alla conoscenza dei valori testimoniali delle preesistenze storico-artistiche e paesaggistiche.

Bisogna Conoscere i beni culturali per tutelarli; la conoscenza è azione propedeutica per educare ad un approccio rispettoso della preesistenza; si deve conoscere per progettare una valorizzazione degli stessi beni in forma integrata e compatibile sotto i profili storico-artistico, sociale, economico, materiale, religioso e culturale in senso lato. La Conoscenza rappresenta, quindi, il primo passo verso la disseminazione della Cultura della Cura del patrimonio che vogliamo tramandare alle future generazioni.

Anche per questo motivo le scuole locali (il Liceo Pepe Calamo, l’Istituto Pantanelli Monnet, le scuole medie ed elementari) supportate da alcune associazioni ambientaliste del territorio (Italia Nostra sezione Messapia, Lu Scupariedde, Geos, Lega Ambiente, Arci) hanno avviato da tempo azioni di conoscenza e sensibilizzazione, al fine di diffondere la cultura della Tutela del patrimonio culturale e paesaggistico locale.

Progetti oramai istituzionalizzati come “Bianco_Calce”, “Progetto scavo-archeologico di Egnazia”, il “Restauro del Calvario”, lo studio delle cortine murarie urbane, il rilievo di frammenti di città storica, costituiscono il presupposto perché la Città e i suoi cittadini siano proiettati in una dimensione in cui (richiamando il principio esistenziale del mondo greco classico del καλὸς καὶ ἀγαθός), la Conoscenza del Bello nella Storia dell’Arte e la Tutela dei paesaggi culturali possano aiutare la Collettività a vivere bene e meglio, non solo dal punto di vista economico ma soprattutto dal punto di vista esistenziale.

 

I liceali impegnati nel progetto Bianco Calce 2022.

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*Ilaria Pecoraro, architetto e Presidente di Messapia Italia Nostra Ostuni. Si ringrazia l’UNITRE-Ostuni per l’invito ricevuto e auspica per il futuro anno sociale il proseguo di comuni attività culturali.

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