Solennità di Tutti i Santi
La chiamata universale alla santità
Le letture bibliche della Solennità di Tutti i Santi invitano ad uno sguardo ampio: la santità non può essere limitata a quanti sono stati ufficialmente canonizzati e beatificati e sono esposti sugli altari e inscritti nei calendari.
La pagina dell’Apocalisse (7,2-4.9-4) ribadisce ben due volte che la santità non riguarda solo pochi eletti: il numero centoquarantaquattromila (Ap 7,4) non pone un limite ma nel linguaggio simbolico dell’autore indica moltissimi: poi si parla apertamente di una moltitudine immensa di ogni nazione, tribù, popolo e lingua (Ap 7,9). I due gruppi sono accomunati dall’essere in relazione con Gesù: i primi per aver ricevuto sulla fronte il sigillo – secondo alcuni la croce – del Dio vivente (Ap 7,3), i secondi hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello (Ap 7,14). Entrambi i segni evocano in primo luogo i cristiani immersi nel Battesimo nella morte e resurrezione di Cristo e più in generale quanti, magari per cammini diversi, cercano il volto di Dio custodendo mani innocenti e cuore puro (Salmo 23).
La Prima Lettera di Giovanni (3,1-3) ricorda che la relazione con Gesù rivela l’amore di Dio e conduce ad accogliere il dono di essere chiamati figli di Dio (1 Gv 3,1). Ma anche ammonisce che la figliolanza divina è realtà donata, ma non acquisita una volta per tutte; è piuttosto da accogliere giorno dopo giorno in un quotidiano impegno di purificazione affinchè siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,46).
Questa esortazione conclude la prima parete del discorso della montagna (Mt 5,1-7,29) che amplia e illustra le Beatitudini (Mt 5,1-12). Cercare di essere perfetti come è perfetto il Padre celeste, cercare di purificare se stessi come egli è puro (1 Gv 3,3), essere segnati dal sigillo del Dio vivente (Ap 7,3), lavare le proprie vesti nel sangue dell’Agnello (Ap 7,14) è vivere come ha vissuto Gesù, il primo (forse l’unico) ad aver vissuto in pienezza le Beatitudini.
Il santo, come Gesù, è povero in spirito (Mt 5,3) in tutto affidandosi a Dio (Mt 26,39); come Gesù piange (Mt 23,37-39) per il peccato degli uomini sentendosene parte; come Gesù è mite ed umile di cuore (Mt 11,29) e rinuncia alla violenza (Mt 26,52); come Gesù ha fame e sete della giustizia, di essere reso giusto dinanzi a Dio e di amare la giustizia nel vivere terreno; come Gesù perdona anche chi in apparenza è imperdonabile, come Gesù è incompreso, insultato, perseguitato.
Vivere come Gesù, seguire la parola del suo evangelo, amare tutti a cominciare dai poveri, amare anche i nemici, non opporre violenza a violenza è avere il sigillo del Dio vivente; è essere santi.
In questa prospettiva davanti a Dio saranno santi anche quanti, pur non sentendosi parte della Chiesa, vivono rettitudine, onestà, amore, rispetto della persona umana e del creato; quanti di fronte al pianto e al dolore umano non voltano la faccia, ma dicono “I CARE”, / “Mi sta a cuore”.
Dio metterà tutto sul suo conto.