Commento al vangelo di LUCA DE FEO

Commento al vangelo di LUCA DE FEO
22 Novembre 2025 loscudo_admin

Cristo Signore dell’universo

 

Sarai con me

(Lc 23,43)

 

La festa di “Cristo re”, istituita solo a dicembre 1925 da Pio XI e celebrata dall’anno successivo nell’ultima domenica di ottobre, nasceva con venature di rivalsa su crescenti culture anticlericali e nascenti totalitarismi. La denominazione “Cristo re e signore dell’universo” assunta con Paolo VI e la collocazione nell’ultima domenica dell’anno liturgico mostrano piuttosto in Cristo la meta del cammino umano.

La Scrittura proclamata in questo anno presenta “Cristo re” quale accoglienza e riconciliazione: le profetizza l’Antico Testamento con il radunarsi di tutte le tribù d’Israele attorno a Davide dopo anni di sanguinosi conflitti interni (2 Sam 5,1); la Chiesa canta che è piaciuto a Dio che abiti in lui (Cristo) tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo purificato on il sangue della sua croce tutte le cose che sono sulla terra (Col 1,19-20).

L’evangelo (Lc 23,35-43), infine, invita a uscire da logiche regali terrene: Cristo regna e riconcilia nella kenosis, nello “svuotamento”: pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma svuotò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2,6-8).

Cristo vive lo svuotamento della volontà: l’evangelista Luca solo a lui fa dire ma non la mia volontà ma la tua, <Padre> sia fatta (Lc 22,42) evitando nella sua versione del “Padre nostro” di mettere in bocca al discepolo sia fatta la tua volontà (Mt 6,10). Dalle tentazioni nel deserto, nei primi passi del suo ministero pubblico (Lc 4,1-11), alla croce, Gesù sceglie la volontà del Padre, rifiuta il Salva te stesso, ultima tentazione quando già è appeso alla croce (Lc 23,35.37.39). Proprio in questo svuotamento si rivela, però, Salvatore … Cristo Signore (Lc 2,11).

Sono incapaci – ieri come oggi – di comprendere questa regalità gli uomini di potere: i capi preoccupati di mantenerlo (Lc 23,35); i soldati (Lc 23,37) che lo assicurano con forza delle armi; e nemmeno quelli desiderosi di conquistarlo per sé con metodi violenti come il primo dei malfattori crocifissi accanto a Gesù (Lc 23,39), probabilmente Zeloti, “terroristi”.

L’altro malfattore (Lc 23,40-43), nella consapevolezza della colpa propria e dell’innocenza di Gesù (egli infatti non ha fatto nulla fuori posto – Lc 23,41), vedendolo in quello svuotamento, nella stessa pena (Lc 23,40), lo sente vicino, amico, fratello; percepisce abolite le distanze; si sente incoraggiato – cosa rara nel racconto evangelico – a chiamarlo per nome, a invocare Gesù, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno (Lc 23,42).

E Gesù essendo stato lui stesso provato in ogni cosa eccetto il peccato (Eb 4,15), nello svuotamento dell’essere lui, l’innocente, nella stessa condanna, si rivela re che non giudica il passato ma apre al futuro: In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso (Lc 23,43).

Più che un luogo, Gesù promette uno stato di vita nuovo, non per il futuro ma nell’oggi (Lc 2,14;4,21;19,5.9), anche l’oggi della croce, della sofferenza, della morte. Nel Cantico dei Cantici (4,12-13) paradiso è l’incontrarsi dell’amante e dell’amata; nelle parole di Gesù è il sarai con me, complemento di compagnia che nell’espressione greca (meth’emù) suona condivisione di vita, comunione che rigenera e mai si esaurisce; va oltre la morte.

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