Commemorazione dei fedeli defunti
La luce dell’evangelo sull’esperienza della morte
Il 2 novembre ricordiamo insieme (con-memorazione) tutti i defunti: eleviamo a Dio la preghiera per loro, chiediamo la loro la preghiera per noi. Soprattutto la distanza dall’immediatezza del dolore fa sì che la luce dell’evangelo raggiunga meglio l’esperienza della morte, quella avvenuta di parenti e amici, quella che avverrà per ciascuno di noi.
Il primo formulario proposto per questa giornata invita a fissare lo sguardo su Gesù, colui che nella sua Pasqua ha vinto la morte; aiuta a rileggere l’esperienza della morte nella fede generata dalla Pasqua di Gesù e nella speranza fondata sulla Pasqua di Gesù.
La prima lettura (Gb 19,1.23-27a) amplia l’orizzonte al di là dei soli “fedeli defunti”: Giobbe non è un presentato come un ebreo, ma solo come un uomo di fede, che nonostante tutto, nonostante le sue disgrazie e le opinioni contrarie di quanti lo circondano, crede in Dio e crede che sia Dio della vita. Nella sua situazione di sofferenza, quasi icona di ogni situazione di morte di là del tempo e dello spazio – pensiamo a guerre e genocidi, fame e malattie – Giobbe proclama: Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere (Gb 19,25). Giobbe ha fiducia che Dio non abbandona, anzi è il go’el (termine originale del testo ebraico), il parente prossimo con il dovere di difendere i suoi più svantaggiati, di vendicarne la morte (Nm 35,19-21), di assicurarne la discendenza sposandone la vedova (Rt 4,5), di riscattarli se finiti in schiavitù (Lev 25,47-55); un Dio che può essere definito ed invocato mia luce e mia salvezza (Sal 27/26).
La seconda lettura (Rm5,5-11) aggiunge che Dio si rivela go’el in Cristo morto per noi, risorto per noi: nella Pasqua di Gesù l’amore è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato (Rm 5,5). Una salvezza donataci – ieri si diceva “siamo santi perché santificati” – non per meriti acquisiti, ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che mentre eravamo peccatori, Cristo è morto per noi (Rm 5,8).
L’evangelo (Gv 6,25-40) spiega infine che nella sua Pasqua Cristo ha portato a compimento (Gv 17,12) la volontà del Padre: Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno (Gv 6,39-40).
Nella Commemorazione dei defunti annunciamo e accogliamo questo evangelo, questa gioiosa notizia: il passaggio per la soglia della morte non conduce di fronte al “re di tremenda maestà” (Dies irae), ma presso un Padre che ci accoglie quali figli nel Figlio amato, guarda alla sua croce e rende giusti.
Questo evangelo, questa gioiosa notizia, è annuncio di speranza per noi, in vista del giorno in cui saremo chiamati ad attraversare quella soglia; è evangelo, gioiosa notizia nel momento in cui ricordiamo tutti coloro – quest’anno come Chiesa locale pensiamo in modo particolare a papa Francesco, al nostro vescovo emerito Settimio Todisco, a don Ciccio Sozzi, a don Enzo Sozzi, a don Piero Suma – che quella soglia l’hanno già attraversata.