Su “Lo Scudo” un articolo del Presidente Mattarella

Su “Lo Scudo” un articolo del Presidente Mattarella
20 Luglio 2023 Nicola Moro

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, scrive per noi: in quanto testata iscritta alla FISC (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), siamo onorati di ricevere dal Presidente un eccezionale articolo. Il prezioso contributo storico, critico e giornalistico che ci perviene dal Capo dello Stato è stato scritto in occasione dell’ottantesimo anniversario del “Codice di Camaldoli”, un documento programmatico elaborato in Italia nel luglio 1943 da un gruppo di intellettuali di fede cattolica. Tratta tutti i temi della vita sociale: dalla famiglia al lavoro, dall’attività economica al rapporto cittadino-stato. Lo scopo fu quello di fornire alle forze sociali cattoliche una base unitaria che ne guidasse l’azione nell’Italia liberata. Il Codice di Camaldoli funse da ispirazione e linea guida per l’azione della Democrazia Cristiana, che si stava formando in quel periodo e che dopo la seconda guerra mondiale fu, per diverse legislature, il maggiore partito di governo. Il Convegno che elaborò il Codice si concluse il 24 luglio 1943. Nella stessa sera cominciò la lunga riunione del Gran Consiglio del Fascismo in cui fu discusso l’ordine del giorno presentato dal gerarca Dino Grandi, che portò, il giorno dopo, alle dimissioni di Mussolini ed alla caduta del regime fascista, con la nomina di Badoglio a Capo del Governo. Poche settimane dopo, l’8 settembre 1943 fu annunciato l’armistizio fra le forze armate italiane e quelle angloamericane; il Re Vittorio Emanuele III e i suoi familiari lasciarono Roma e col Governo si stabilirono a Brindisi. Roma fu occupata dai tedeschi e liberata solo nel giugno 1944, dopo l’eccidio delle Fosse Ardeatine in cui trovarono la morte 335 italiani, fra i quali l’ostunese maggiore Antonio Ayroldi. La Liberazione dell’Italia dal nazifascismo avvenne il 25 aprile 1945, il 2 giugno 1946, nel Referendum istituzionale, prevalse la Repubblica e fu eletta l’Assemblea Costituente. La Costituzione della Repubblica Italiana, in larga parte anticipata dai princìpi del “Codice di Camaldoli” entrò in vigore il 1 gennaio 1948.

Ferdinando SALLUSTIO

 

Mentre il fascismo stava per cadere

Dal “Codice di Camaldoli” germogliò la Costituzione

Un articolo del Presidente della Repubblica inviato a noi de “Lo Scudo”
e a tutte le testate come noi iscritte alla FISC (Federazione Italiana Settimanali Cattolici)

di Sergio Mattarella

 

Quando un regime dittatoriale, come quello fascista, giunge al suo disfacimento, a provocarlo non sono tanto le sconfitte militari, quanto la perdita definitiva di ogni fiducia da parte della popolazione, che misura sulla propria vita il divario tra la realtà e le dichiarazioni trionfalistiche.

Si apre, in quei giorni, una transizione, a colmare la quale la tradizionale dirigenza monarchica palesa tutta la sua pochezza, dopo il colpevole tradimento delle libertà garantite dallo Statuto Albertino. In quel luglio 1943, nel momento in cui il suolo della Patria viene invaso dalle truppe ancora nemiche, mentre il Terzo Reich si trasforma rapidamente da alleato in potenza occupante, entrano in gioco le forze sane della nazione, oppresse nel ventennio della dittatura. La lunga vigilia coltivata da coloro che non si riconoscevano nel regime trova sbocco, anche intellettuale, nella preparazione del “dopo”, del momento in cui l’Italia sarebbe nuovamente risorta alla libertà, con la successiva scelta dell’ordinamento repubblicano.

Trova radice in questo l’esercizio di Camaldoli, voluto dal Movimento laureati cattolici e dall’Icas, l’Istituto cattolico attività sociali. Siamo nel pieno di una svolta: nel maggio 1943 le truppe dell’Asse in Tunisia si arrendono, ponendo fine alla campagna dell’Africa del Nord; il 10 luglio avviene lo sbarco delle truppe Usa in Sicilia. Il 19 luglio l’aviazione alleata dà avvio al primo bombardamento su Roma per colpire lo scalo ferroviario di San Lorenzo, con migliaia di vittime. Il 24 luglio sarà lo stesso Gran Consiglio del fascismo a porre termine all’avventura di Mussolini. Il convegno di Camaldoli si conclude il giorno precedente, mostrando di aver saputo avvertire il momento cruciale della svolta della storia nazionale.

Oggi possiamo cogliere il valore della riflessione avviata sul futuro dell’Italia e lo sforzo di elaborazione proposto in quei frangenti dai circoli intellettuali e politici che non si erano arresi alla dittatura. Dal cosiddetto Codice di Camaldoli, al progetto di Costituzione confederale europea e interna di Duccio Galimberti e Antonino Repaci, all’abbozzo di Silvio Trentin per un’Italia federale nella Repubblica europea, alla Dichiarazione di Chivasso dei rappresentanti delle popolazioni alpine, al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, alle “idee ricostruttive della Democrazia Cristiana”, che De Gasperi aveva appena fatto circolare, non mancano sogni e progetti lungimiranti per fare dell’Italia un Paese libero e prospero in un’Europa pacificata.

A settantacinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica è compito prezioso tornare sulle riflessioni che hanno contribuito alla sua formazione e alle figure che hanno avuto ruolo propulsivo in quei frangenti. Ecco allora che il testo “Per la comunità cristiana. Principi dell’ordinamento sociale”, dispiega tutta la sua forza, sia come tappa di maturazione di quello che sarà un impegno per la nuova Italia da parte del movimento cattolico, sia come ispirazione per il patto costituzionale che, di lì a poco, vedrà impegnati nella redazione le migliori energie del Paese, con il contributo, fra gli altri, non a caso, di alcuni fra i redattori di Camaldoli.

Occorreva partire, anzitutto, dal ripristino della legalità, violentata dal fascismo, riconosciuta persino nell’ordine del giorno Grandi al Gran Consiglio, con l’esplicita indicazione dell’esigenza del “necessario immediato ripristino di tutte le funzioni statali”, dopo una guerra che il popolo italiano non aveva sentita “sua”, con aggravata “responsabilità fascista”.

Da Camaldoli vengono orientamenti basilari, che riscontriamo oggi nel nostro ordinamento. Anzitutto la affermazione della dignità della persona e del suo primato rispetto allo Stato – con il rifiuto di ogni concezione assolutistica della politica – da cui deriva il rispetto del ruolo e delle responsabilità della società civile. Di più, sulla spinta di un organico aggiornamento della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, emerge la funzione della comunità politica come garante e promotrice dei valori basilari di uguaglianza fra i cittadini e di promozione della giustizia sociale fra di essi.

Si identifica poi, con determinazione, il principio della pace: “deve abbandonarsi il funesto principio che i rapporti internazionali siano rapporti di forza, che la forza crei il diritto…”. Occorre “la creazione di un vero e non fittizio o formale ordine giuridico che subordini o conformi la politica degli Stati alla superiore esigenza della comune vita dei popoli”.

Vi è ragione di essere ben orgogliosi, guardando ai Padri fondatori del Codice di Camaldoli, per il segno che hanno saputo imprimere al futuro della società italiana, anche sul terreno della libertà di coscienza per ogni persona, descritta, al paragrafo 15, come “esigenza da tutelare fino all’estremo limite delle compatibilità con il bene comune”.

Il Cardinale Matteo Zuppi, nella sua lettera alla Costituzione, due anni or sono, riprendendo una considerazione del costituente Giuseppe Dossetti, iniziava così: “Hai quasi 75 anni, ma li porti benissimo! Ti voglio chiedere aiuto, perché siamo in un momento difficile e quando l’Italia, la nostra Patria, ha problemi, sento che abbiamo bisogno di te per ricordare da dove veniamo e per scegliere da che parte andare…”. Non vi sono parole migliori.

 

Per ulteriori approfondimenti:

https://web.archive.org/web/20140525233759/http://www.centrostudimalfatti.org/cms/il-codice-di-camaldoli/

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